Con la morte di papa Francesco si sono palesati tutti quelli che “io sono ateə/agnostichə ma questo Papa cioè TOP!!!”. In Italia, un po' perché l’universalismo cattolico parla la nostra lingua al di là della nazionalità del pontefice, un po’ perché non so che problemi abbiamo, il Papa viene percepito come una figura neutra, una guida morale tout court, il nonno che ti dice di fare il bravo, come il Dalai Lama prima che iniziasse a slinguazzare i bambini. In realtà il Papa, Francesco come qualsiasi altro, io lo considero per ciò che è: il monarca assoluto dell’ultimo Stato teocratico d’Europa. Algidi termini che delimitano il suo status giuridico, certo, ma questo è il Vescovo di Roma, per uno che non crede, e per la mia visione del mondo è certamente un nemico verso ogni forma di progressismo che si voglia portare avanti. Lo stesso vale per i testi sacri afferenti alle religioni, che svuotati del loro valore, appunto, di sacralità restano un pezzo della nostra storia, un’interessante materia di studio o dei formidabili libri fantasy.
Così come per la Bibbia, i Vangeli, il Corano e compagnia vale anche per la costituzione di uno Stato. Quella italiana nello specifico nasce non solo dopo venti anni di fascismo ma dopo cento di “Italia liberale”, uno stato monarchico basato sulla volontà di espansione coloniale, sulla repressione di qualsiasi richiesta di protezione sociale, che per questo ha visto accadere un celebre regicidio e che dopo una guerra tremenda è sfociato in maniera piuttosto naturale nella deriva fascista, contribuendo di fatto a provocare un’altra ancora peggiore. Dalle macerie di questi disastri, la nuova classe dirigente formatasi durante la guerra civile ed eletta per la prima volta a suffragio universale redasse la Costituzione che, sebbene i dibattiti sulla sua effettiva applicazione, guida ancora oggi la nostra Nazione, come direbbe Giorgia.
Ma come per la sacralità delle Scritture, se non si crede e non ci si riconosce nei principi indicati in una costituzione, cosa ne resta? Letteralmente carta da culo. È così che la vedono i vari figliocci del Duce, dai convinti sostenitori della fiamma ai vari fascisti ingenui, sulla scia dei gay di The Jackal, che da tempo tentano modifiche in senso presidenzialista, ora addirittura premieralistico, o che vadano comunque nella direzione di creare uno stato vagamente autoritario. Se torniamo con la mente a Napoli e a Genova in quel 2001, quando governavano gli stessi di adesso pur con percentuali diverse, intravediamo chiaramente il preciso orizzonte della Destra italiana nonché l’esistenza di un adeguato terreno culturale, sociale e istituzionale. Certamente un passo importante in questo senso è stato fatto durante il governo Conte I, con i famosi decreti sicurezza di Salvini, da cui non siamo mai davvero tornati indietro, e che anzi i vari decreti approvati dal governo Meloni stanno rafforzando e appesantendo. Finora però, l’unica modifica sostanziale fatta alla Costituzione è quella in senso regionalista colpevolmente iniziata dal centro-sinistra e che dà legittimità alle spinte autonomiste presenti non solo al Nord e non solo nelle regioni guidate dalla Destra; forse i tempi non sono ancora del tutto maturi per una pesante riforma costituzionale che darebbe vita davvero a una seconda repubblica italiana (perché sì, siamo ancora nella prima) ma, eventualmente, come dovremmo reagire?
Qui si inserisce una fondamentale domanda che mi pongo da tanto tempo: come si difende la democrazia? Siamo abituati a pensare la democrazia come uno spazio in cui tutte le opinioni e le posizioni politiche sono legittime e contano allo stesso modo, ma sappiamo benissimo che alcune di esse puntano alla demolizione della democrazia, ovvero dello stesso spazio che le accoglie e che ne permette dunque la proliferazione. Il fascismo è certamente uno di questi, anzi il primo della lista in termini di adesione e quindi di pericolosità. Assodato questo, e assodato anche che oramai è fin troppo tardi per escludere i neo e post fascisti dalla politica, dato che ci governano, quale opzione rimane? In una società (apparentemente) pacificata, come si agisce contro una deriva violenta che si prefigge di negare diritti, toglierne di acquisiti, inasprire ulteriormente le condizioni dei lavoratori favorendo il profitto degli imprenditori e limitare se non abolire gli spazi di protesta anche pacifica? Non si traduce il più delle volte la pace nella ragione del più forte? Il mantra "la violenza è sempre sbagliata" rivolto verso chi protesta non cela forse un non detto che è "resta al tuo posto" mentre la prevaricazione del più forte non viene percepita come violenza bensì come stato naturale delle cose?
Non sto proponendo un ritorno alla violenza politica diffusa, cosa che io per primo non riuscirei a praticare, né sto rifondando le BR; mi chiedo solo, credo legittimamente, come faremo a non soccombere di fronte a coloro che a colpi di piccone stanno minando le fondamenta democratiche che l'Assemblea Costituente ha posto per la Repubblica.
Ci ho fatto un fumetto per il nuovo numero di Barabba, un numero speciale centrato sulla Liberazione, e si intitola La difesa della democrazia spiegata ai bambini, dove la mascotte Costy spiega appunto come evitare che dei brutti energumeni pelati rovinino questa bella cosa conquistata col sangue. Vi metto qui la prima delle quattro pagine in anteprima, il resto lo leggete sulla rivista, se vi va. La acquistate in formato digitale da QUI.
Mi piacerebbe discutere di questa cosa con più persone possibile, se vi va, dunque, lasciate pure un commento e vediamo che viene fuori.
Questo fumettino che vi metto qui per intero, invece, s'intitola La rivoluzione per una sinistra moderna e pacifista, e vuole riflettere un po' sullo stesso tema. Sì, mi ci sto interrogando da un po', come vedete. Lo trovate su Barabba n. Zero Bis, speciale numero natalizio di qualche mese fa, e che potete prendere da QUI. Dentro ci trovate ovviamente altri fumetti, vignette e articoli totalmente inediti. Sul sito trovate da scaricare anche tutti gli altri numeri finora usciti, dallo zero, gratuito, al 4, lo speciale sulla Liberazione.